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Babel e gli immigrati davanti alla tv

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Babel Tv è stata per quattro anni un canale televisivo di Sky. L’aveva fondata Giuseppe Albeggiani, mediaguru di Etnocom, che aveva intuito con qualche anno d’anticipo il potenziale degli stranieri in Italia. Un pubblico di quasi sei milioni di persone, in costante crescita, a cui il mercato televisivo non ha mai prestato più di tanta attenzione. Babel era nata per raccontare i microcosmi delle comunità straniere e avvicinare gli italiani ai loro nuovi dirimpettai, facendo convergere nelle loro case le culture di mezzo mondo attraverso il più diffuso strumento di comunicazione, la televisione. L’esperienza di questa babele catodica non andò male, Babel si è portata a casa, nel 2011, anche il riconoscimento come miglior canale europeo “Culture/education”, ma la temerarietà del progetto e gli alti costi di gestione, circa 3 milioni di euro all’anno, hanno fatto chiudere precocemente i battenti al canale. Fine della storia. O forse no.
Questo è il passato di Babel, il presente e il futuro, come se lo immagina, me lo racconta Emanuele Latagliata, il suo nuovo presidente. Al telefono, perché lui sta a Roma e io a Milano. In due ore, senza pause, con un fiume di parole.
Babel Tv rinasce a febbraio e arriva sul digitale terreste. Come sarà?
Il 1 febbraio andiamo in onda e iniziamo con un telegiornale in sei lingue. Vorremmo che questa televisione diventasse un mezzo utile agli stranieri per conoscere l’Italia che hanno intorno. Babel, quando era su Sky, aveva due grandi punti deboli. Il primo è che era su Sky appunto. E per un immigrato, forse, avere un abbonamento che parte dai 30 euro al mese, non è tra le priorità. Il secondo è che in realtà Babel raccontava gli stranieri agli italiani: era un canale a senso unico, pensato in italiano per gli italiani. La nuova Babel invece sarà davvero una Babele mediatica. Si parleranno tante lingue e trasmetteremo programmi stranieri in madrelingua, sottotitolandoli in italiano. Lo scopo è quello di arricchire certo la cultura degli italiani, avvicinandoli al mondo che hanno in casa, ma anche e soprattutto quello di permettere agli stranieri che vivono in Italia di mantenersi vicini alla loro cultura di origine, ritrovando la familiarità delle abitudini di casa, magari guardando una sit com del loro Paese.

Quale saranno i suoi canali di punta?

Oltre al telegionale multilingue, che inizia alle 7 del mattino e ogni mezz’ora segue con una replica in una lingua diversa, avremo rubriche quotidiane e settimanali come la storica BABzine, dedicata agli eventi più importanti della vita multiculturale in Italia. Poi un docu-reality – “Invito a cena” – in cui due persone, un italiano e uno straniero, si ritrovano per condividere un invito a cena al buio. Ma anche una miriade di programmi esteri, Masterchef India e X Factor Romania per dirne un paio, ma anche l’epica serie tv come “Il Secolo Magnifico”, famosissima all’estero, ma semisconosciuta in Italia. E poi lo sport: vorremmo portare in Italia tutti quegli sport che all’estero sono seguiti da milioni di persone e che gli italiani conoscono poco. Per esempio manderemo in onda il campionato di Cricket indiano.

Ma come fate? Quanto costa?

Abbiamo rapporti con 22 emittenti in tutto il mondo. Con molte collaboriamo gratis, ritrasmettendo qui alcuni dei loro programmi. Il costo grosso da sostenere è la diffusione, che ci costa più o meno 80 mila euro al mese. Al resto ci lavoriamo tutti con passione. Alla redazione lavorano 13 persone, tutti collaboratori, che hanno deciso di investire tempo e fatica in un progetto ancora difficile da “vendere”. Per coprire i costi stiamo facendo un massiccio porta a porta, ma non è facile. La televisione per stranieri è considerata un prodotto di nicchia e le aziende non sono capaci di vedere negli immigrati una fonte redditizia di potenziali clienti. Dobbiamo combattere contro un pregiudizio duro da scardinare. Eppure basterebbe pensare che le agenzie di money transfer incassano 100.000 euro al giorno esclusivamente di commissioni, solo a Roma.

 

Che rapporto ha Babel con le seconde generazioni?

La metà della nostra redazione è composta da ragazzi di seconda generazione. Uno dei nostri scopi, però, è quello di aiutare a conservare l’integrità delle culture che convivono in Italia. Io vengo dall’esperienza di RomIt (un canale italiano dedicato esclusivamente alla comunità rumena ndr) e mi sono reso conto che un rumeno di seconda generazione tende a perdere le sue origini linguistiche. Così ci stiamo immaginando una serie di puntate di corsi di lingua, dove le finalità sono due: da un lato avvicinare gli italiani ad imparare nuove lingue, dall’altro permettere proprio alle seconde generazioni di non perdere un patrimonio che forse amerebbero conservare.

Spesso la politica strumentalizza il tema dell’immigrazione e lo fa proprio attraverso la televisione…
Si, è un dato di fatto. Si preferisce raccontare gli immigrati residenti in Italia come un possibile pericolo, quasi mai come un’opportunità, anche per risollevarsi dalla crisi. Ora, per esempio, con i fatti di Parigi, l’islamofobia dilaga.

Già sorrido pensando che il primo telegiornale lo trasmettiamo in lingua araba: mi trovo negli studi la Digos in men che non si dica!

Una delle nostre giornaliste è marocchina lavorava per Orbit (una delle primissime emittenti televisive interamente in arabo nata in Italia negli anni novanta e oggi chiusa ndr). Non mancherà di certo un dibattito sui temi legati alla religione, ma sarà solo una delle tante componenti del multiculturalismo di Babel.

Babel tv sarà in onda dal 1 febbraio sul canale 244 del digitale terrestre.

 


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